FAQ

Domande più frequenti sulla legge n. 4/2013

Dal sito del Ministero dello Sviluppo Economico

PREMESSAIl mondo della qualità è un mondo prevalentemente volontario. In quest’ottica, la qualificazione della professione, come di ogni altra attività economica, non è basata solo su norme cogenti come nel caso degli Ordini professionali ma anche su strumenti (certificazioni, marchi, attestati etc.) di carattere volontario, a volte anche con controllo pubblico ma più spesso lasciati all’autoregolamentazione dei privati.

Si ritiene opportuno esaminare i singoli articoli della legge, per chiarire i principali dubbi emersi dai primi mesi di applicazione.

(ART. 1)
La legge n.4/2013 ha modificato il quadro giuridico in materia di attività professionali?

NO, la legge n.4/2013 non ha modificato la legislazione in materia di attività professionali riservate.
In altre parole, ciò che era regolamentato da altre leggi resta regolamentato, mentre ciò che era libero resta libero. Ciò è reso evidente, da un lato, dal comma 2 dell’art.1, che esclude varie attività riservate, sia dal successivo comma 5, che afferma che l’esercizio della professione, come identificato dal comma precedente, è libero.

(ART.2)
Le associazioni professionali possono avere anche finalità diverse da quelle previste dall’art.2, comma 1?

SI’, purché siano compatibili con il ruolo di associazione professionale e di rappresentanza dei professionisti iscritti.

Quali requisiti devono avere le associazioni professionali?
(per entrare nell’elenco previsto dall’art.2, comma 7)
I requisiti sono stabiliti dai commi 1,2,3 e 4 dell’art.2.
In particolare:

Comma 1 :“Le associazioni devono avere natura privatistica, essere fondate su base volontaria, senza alcun vincolo di rappresentanza esclusiva, con il fine di valorizzare le competenze degli associati e ga¬rantire il rispetto delle regole deontologiche, agevolando la scelta e la tutela degli utenti nel rispetto delle regole sulla concorrenza”.
Comma 2 : “Gli statuti e le clausole associative delle associazioni professionali devono garantire la trasparenza delle at¬tività e degli assetti associativi, la dialettica democratica tra gli associati, l’osservanza dei principi deontologici, nonché una struttura organizzativa e tecnico-scientifi¬ca adeguata all’effettivo raggiungimento delle finalità dell’associazione”.
Comma 3 : “Le associazioni professionali devono promuovere anche attraverso specifiche iniziative, la formazione permanente dei propri iscritti, adottano un codice di condotta ai sensi dell’art. 27-bis del codice del consumo, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, devono vigilare sulla condotta professionale degli associati stabilendo le san¬zioni disciplinari da irrogare agli associati per le violazioni del medesimo codice”.
Comma 4 : “Le associazioni devono promuovere forme di garanzia a tutela dell’utente, tra cui l’attivazione di uno sportello di riferimento per il cittadino consumatore, presso il quale i committenti delle prestazioni professionali possano rivolgersi in caso di contenzioso con i singoli professionisti, ai sensi dell’art. 27-ter del codice del consumo, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, nonché ottenere informazioni relative all’attività professionale in generale e agli standard qualitativi da esse richiesti agli iscritti”.

Cosa è vietato alle associazioni professionali?

La risposta è contenuta nel comma 5 : “Alle associazioni sono vietati l’adozione e l’uso di denominazioni professionali relative a professioni organizzate in ordini o collegi”.
I professionisti iscritti alle associazioni possono esercitare anche attività professionali riservate?

Ai sensi del comma 6 dell’art.2 della legge, ai professionisti anche se iscritti alle associazioni di cui al presente articolo, non è consentito l’esercizio delle attività professionali riservate dalla legge a specifiche categorie di soggetti, salvo il caso in cui dimostrino il possesso dei requisiti previsti dalla legge e l’iscrizione al relativo albo professionale. Quindi i professionisti, iscritti o meno alle associazioni, possono esercitare anche attività riservate a patto che dimostrino il possesso dei requisiti previsti dalla legge e l’iscrizione al relativo albo professionale.

L’iscrizione di una associazione nell’elenco di cui al comma 7 costituisce “riconoscimento” dell’associazione stessa?

NO, l’elenco ha una finalità esclusivamente informativa e non un valore di graduatoria o di rilascio di giudizi di affidabilità da parte del Ministero dello Sviluppo Economico.

I professionisti non iscritti ad alcuna associazione o iscritti ad associazioni non inserite nell’elenco possono continuare la loro attività?

SI’, l’unico obbligo introdotto dalla legge, all’art.1, comma 3, è quello di fare riferimento, nei rapporti scritti con il cliente, agli estremi della legge stessa.

(ART.3)
Le forme aggregative riguardano solo le associazioni iscritte nell’elenco di cui all’art.2, comma 7?

NO, il riferimento va inteso rispetto all’intero articolo 2, di cui il comma 7 è solo una componente non necessaria.

(ART.4)
Quali sono gli “elementi informativi” che le associazioni e le loro forme aggregative devono pubblicare sul proprio sito web?

Gli elementi sono chiaramente definiti dall’art.5. In particolare essi sono definiti dal comma 1, per le associazioni che non intendono autorizzare i propri associati ad usare il riferimento all’iscrizione all’associazione quale marchio o attestato di qualità e di qualificazione professionale dei propri servizi.
Viceversa, per le associazioni che intendono offrire tale opportunità ai propri iscritti, sono previsti ulteriori requisiti previsti dall’art.5, comma 2.

(ARTT. 6-9)
Le norme tecniche elaborate dall’UNI sono obbligatorie?

NO, esse costituiscono solo dei principi e criteri generali che disciplinano l’esercizio autoregolamentato della singola attività professionale e ne assicurano la qualificazione.

Come si può partecipare alla redazione delle norme tecniche da parte dell’UNI?

Sia i rappresentanti delle parti interessate, sia i singoli cittadini possono partecipare alla redazione delle norme nella fase dell’inchiesta pubblica finale, esprimendosi sul progetto di norma preparato dal gruppo di lavoro dell’UNI. In più i rappresentanti delle parti interessate possono prendere contatto con l’UNI sia per promuovere la redazione di una nuova norma, sia per chiedere di essere inseriti nel gruppo di lavoro delegato alla redazione, e nella fase di “inchiesta pubblica preliminare”. Per maggiori dettagli si può consultare il sito dell’UNI: www.uni.com

(ART.9)
La certificazione di conformità del singolo professionista alla norma UNI è collegata all’appartenenza ad una associazione?

NO, entrambe costituiscono una libera scelta del professionista e possono coesistere o meno nella stessa persona. Resta libera la facoltà, da parte di una associazione professionale, di richiedere quale requisito aggiuntivo per i propri iscritti la certificazione ad una norma tecnica UNI, ove esistente.

Essa potrebbe anche essere utilizzata quale marchio/attestato di qualità dei servizi nel senso descritto dall’art.4, comma 1, secondo periodo, stante il collegamento con l’art.81 del Decreto legislativo n. 59/2010, che fa espresso riferimento al sistema di accreditamento di cui al Regolamento europeo n.765/2008.

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